mercoledì 13 novembre 2013

NO ALLA VENDITA DELLE SPIAGGE

www.verdi.it

Autore: Redazione web
Con la proposta di vendere le spiagge italiane siamo arrivati proprio all'ultima spiaggia. Ma vediamo i numeri di uno scandalo tutto italiano che non ha paragoni in tutto il mondo per quanto riguarda i privilegi e la cementificazione delle delle coste.

In Italia lo Stato ha dato nel corso degli anni, prima attraverso le capitanerie di porto e poi con le regioni, 30.000 concessioni sul demanio marittimo legate a 15.000 stabilimenti balneari che insistono su 600 comuni costieri. Il tutto è avvenuto senza alcuna gara di evidenza pubblica. Le concessioni si sono trasferite, nel corso degli anni, di padre in figlio o sono state vendute attraverso la creazione di società di gestione di servizi. Una vera e propria monarchia.

Quanto ha incassato lo Stato dalle concessioni sul demanio marittimo? 102 milioni di euro nel 2012. Nel periodo 2010-2011 la cifra scende a circa 90 milioni di euro mentre, per gli anni precedenti, si arriva alla metà. In media lo stato incassa 3.400 euro per ogni concessione concessione, mentre gli incassi che gli stabilimenti balneari realizzano ogni anno in Italia si aggirano intorno ai 10 miliardi di euro, anche se i ricavi «ufficiali» parlano di solo 2 miliardi di euro.

I canoni di concessione sono molto bassi se non ridicoli. In base alla legge 27 dicembre 2006 n. 296 comma 251 per le aree scoperte dovrebbero pagare 1,27 euro centesimo metro/q all'anno e per le aree dove insistono attività 2,12 euro metro/q anno. Un regalo! Ma nonostante ciò le tariffe continuano ad essere bloccate da una proroga dello Stato che non applica questi adeguamenti.

Ma non finisce qui. Nonostante una legge dello Stato italiano lo prevedesse in relazione anche ad una disposizione europea del 1993, il governo negli ultimi 10 anni non ha provveduto a inserire nel rendiconto generale dello Stato (ossia nel bilancio) le entrate derivanti dalle concessioni del demanio marittimo. Quindi, negli ultimi 10 anni, è «sparita» una entrata, seppur inadeguata e sottodimensionata, come abbiamo spiegato. Com'è potuto accadere tutto questo? Perché c'è un ritardo nell'accatastamento delle spiagge italiane, ma se quelle cifre fossero state inserite nel rendiconto generale dello Stato e quindi messe a bilancio, avremmo evitato agli italiani qualche taglio, ad esempio nella sanità o nel trasporto pubblico.

L'idea di «far cassa» con la svendita delle nostre spiagge è una follia. Lo è ancor di più se si considera un tema sottovalutato e che, invece rischia di distruggere le nostre coste: «il consumo delle spiagge italiane». Degli 8.000 km  circa di coste italiane , 4.000 km sono occupati dalle concessioni sul demanio marittimo che di fatto hanno espulso i cittadini o dal vedere il mare con una trasformazione dei lungomari in lungomuri o dal potere accedere alla spiaggia. Un processo di privatizzazione, nonostante la legge garantisca il libero accesso al mare norma voluta da noi Verdi e che gli organi proposti al controllo non fanno rispettare.

Ma a quanto corrisponde il consumo di spiagge italiane in favore di questo processo di privatizzazione/cementificazione? Prendendo come esempio tipo una concessione da 2.000 metri quadri (le concessioni vanno da un minimo di 300 mq siano ad un max 40-50 mq) la superficie occupata/cementificazione è di 60 milioni di mq pari a 6.000 ettari. Una cifra che non è paragonabile a nessun paese d'Europa. In Francia esiste una fondazione pubblica che si chiama «Conservatoire du litoral» che acquisisce coste e spiagge al bene comune, per non parlare dell'Inghilterra ma anche degli stessi Stati Uniti d'America culla del liberismo economico.

La vendita delle spiagge chiamata sdemanializzazione è una cosa semplicemente vergognosa che va fermata perché sancirebbe la completa privatizzazione/cementificazione delle nostre coste, gli italiani e le future generazioni verrebbero espropriate di un bene che appartiene a loro ovvero alla collettività. L'Italia e' proprio all'ultima spiaggia!


Angelo BONELLI
Presidente dei Verdi

Di seguito il testo completo dell'emendamento presentato dai senatori Pdl
Art 3 bis - Ridefinizione delle aree del demanio marittimo a scopo turistico ricreativo e misure per favorire la stabilità delle imprese balneari, gli investimenti, la valorizzazione delle coste.

1. Le aree ricomprese nell’ambito del demanio marittimo oggetto di concessione per l’esercizio di attività con finalità turistiche ricreative di cui all’art. 01 Legge 4.12.1993 n. 494 ed occupate da manufatti di qualsiasi genere connessi al suolo, ivi comprese le aree occupate da strutture e attrezzature alle medesime attività asservite, sono individuate con atto ricognitivo dirigenziale dall’Agenzia del Demanio ed escluse dal demanio marittimo, in quanto non più utilizzate per i pubblici usi del mare, con decreto del ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con quello dell’economia e finanze. L’inclusione nel decreto produce il passaggio dei beni al patrimonio disponibile.

2. L’occupazione e l’uso delle aree e dei manufatti erariali, a seguito dell’emanazione del decreto di cui al precedente comma, prosegue, nella fase transitoria, in favore del titolare della concessione demaniale attuale, sino alla piena nuova attribuzione delle aree delle concessioni in oggetto.

3. Stante le ragioni di oggettiva trasformazione di queste aree che hanno ormai perso l’originale caratteristica e quelle di pubblico interesse determinate dalla necessità di contribuire efficacemente ad un rapido risanamento dei conti pubblici, le aree individuate ai sensi del comma 1 sono cedute con riconoscimento, a favore del concessionario attuale, del diritto di opzione al loro acquisto, da esercitarsi entro 180 giorni dall’emanazione del decreto interministeriale di cui al successivo comma 4, nonché il diritto di prelazione per il caso di vendita ad un prezzo inferiore a quello di esercizio dell’opzione medesima. In ogni caso e fatto salvo l’obbligo in capo a quest’ultimo di garantire a chiunque l’accesso al mare e di mantenere la destinazione turistico-ricreativa esistente delle predette aree e strutture. E’ posto il divieto assoluto di esercitare il diritto di opzione per le superfici coperte realizzate in assenza dei titoli autorizzatori validi o in presenza di abusi edilizi.

4. La cessione di cui al comma 3 dovrà avvenire al prezzo che verrà stabilito da apposito decreto emanato dal Ministro dell’Economia e delle finanze e dal Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentite la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano e le organizzazioni di settore maggiormente rappresentative sul piano nazionale.

5. Le restanti aree facenti parte della medesima concessione di cui al comma 1, allo scadere della proroga di cui al decreto-legge 18 ottobre 2012 n. 179 convertito, con modificazioni , dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, sono oggetto di nuova assegnazione secondo i principi della concorrenza con riconoscimento del diritto di prelazione legale in favore del concessionario optante, sulla base di un piano dei servizi senza contenuto economico, al fine di preservare l’unicità dell’offerta balneare, la tutela ambientale e la specificità territoriale e culturale dei servizi prestati.

6. Al concessionario non optante, allo scadere della proroga legale, è riconosciuto dal concessionario subentrante un indennizzo per gli investimenti e i valori commerciali creati i cui criteri saranno definiti con apposito decreto del Ministro dell’Economia e Finanze.

7. Le risorse derivanti dalla cessione dei diritti di proprietà delle aree ricadenti al comma 1 confluiscono, per un valore pari al 50% del totale, in un apposito fondo che dovrà essere utilizzato a garanzia dei mutui contratti per la realizzazione di investimenti nel settore turistico, con caratteristiche e tipologie individuati con successivo Decreto del Ministro delle Infrastrutture in concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze e con il Ministro dei beni culturali e del turismo.
L. STABILITA': BONELLI (VERDI), SPIAGGE? ESPOSTO UNIONE EUROPEA CONTRO FURTO ANNUNCIATO EMENDAMENTO D'ALI' VIOLA CODICE DELLA NAVIGAZIONE E PREMIA LA SPECULAZIONE INVECE DI SVENDERE LE SPIAGGE LO STATO SPIEGHI MANCATI INTROITI D CANONI CONCESSIONI
"L'emendamento D'Ali' e' in totale contrasto con l’art. 35 del Codice della navigazione e anche con l’art. 829 del Codice civile, perché se fosse approvato le aree del demanio marittimo non sarebbero piu' utilizzabili per usi pubblici del mare: la sdemanializzazione servirebbe solo a far diventare l'uso del mare da pubblico a privato favorendo le lobby e i soliti noti che fino ad oggi hanno realizzato ricchezze pagando concessioni risibili". Lo dichiara il Presidente dei Verdi Angelo Bonelli che aggiunge: "Domani mattina noi Verdi presenteremo un esposto presso l'Unione europea su quello che riteniamo un furto annunciato fatto nei confronti della collettività italiana". "La vendita delle spiagge viene fatta allo scopo di far mantenere la proprieta' di strutture che sono state realizzate sulle spiagge: questa e' una scelta che io ritengo 'schifosa' perche' il Codice della navigazione prevede che le opere da realizzare sulle spiagge debbano essere 'amovibili' mentre quelle che permangono, perché 'fisse', vengono acquisite dallo Stato senza alcun rimborso - spiega il leader ecologista -.

L'articolo 49 del Codice della navigazione (Devoluzione delle opere non amovibili) non lascia dubbi: 'Salvo che sia diversamente stabilito nell'atto di concessione, quando venga a cessare la concessione, le opere non amovibili, costruite sulla zona demaniale, restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso, salva la Facoltà dell'autorita' concedente di ordinarne la demolizione con la restituzione del bene demaniale nel pristino stato'". "L'emendamento D'Ali e' 'contra legem' ed e' quindi contro lo Stato e gli italiani, perche', addirittura, prevede rimborsi per le strutture realizzate sul demanio: un premio alle speculazioni e al cemento che hanno distrutto le spiagge - prosegue -. In Italia nel corso degli anni si e' edificato in modo selvaggio e indiscriminato sulle spiagge il 56% delle nostre coste e' aggredito dal cemento: il record spetta al Lazio e Abruzzo con il 63%, seguono Emilia Romagna, Sicilia, Liguria e le altre regioni - conclude Bonelli -.

Le spiagge non possono essere vendute e tantomeno la durata delle concessioni allungate sino a 50/70 anni. Bisogna far semplicemente pagare i canoni cosi' come prevede la legge e lo Stato deve spiegare agli italiani, ai quali negli ultimi anni ha chiesto sacrifici pesantissimi, perche' in questi stessi anni ha rinunciato ad incassare canoni demaniali che avrebbero portato nelle casse pubbliche almeno 500 milioni di euro a fronte dei 102 milioni incassati". Roma, 10 novembre 2013

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