sabato 27 luglio 2013

Ostia, il business di Cosa nostra e “il circuito degli affari presentabili”

 

Per capire come funziona il sistema occorre partire da una figura chiave, Mauro Balini. Non è nell’elenco degli arrestati, ma compare nelle carte. “Sin dalle prime conversazioni registrate sull’utenza del Balini - scrive il Gip nell’ordinanza dell’operazione Nuova Alba - è stato possibile avere conferma dell’esistenza di un ambiente economico-finanziario inquietante, all’interno del quale agivano appartenenti alla criminalità organizzata"

Ostia, il business di Cosa nostra e “il circuito degli affari presentabili”
E’ un crocevia, uno snodo finanziario dove si incrociano i destini di tanti gruppi criminali il porto di Ostia. Qui – secondo l’inchiesta “Nuova alba” della Dda di Roma (leggi) - si sta giocando una delle più importanti partite economiche – e, per i magistrati, criminali – della capitale. Soldi, una valanga di soldi. Ma anche potere, controllo del territorio, degli approdi dal mare, del via vai di yacht e barche di lusso.
Per capire come funziona il sistema Ostia occorre partire da una figura chiave, Mauro Balini. Non risulta nell’elenco degli arrestati di ieri, ma la sua figura occupa una parte importante dell’inchiesta della procura romana. Rampollo della Roma che conta, Mauro è il nipote del ben più noto Vittorio Balini, imprenditore morto nel 1999 che fece la sua fortuna grazie ai diritti televisivi di serie come Dallas o Dinasty. Il capostipite – e vera cassaforte della famiglia – iniziò decenni orsono come bagnino, per poi scalare le vette delle imprese cinematografiche internazionali, arrivando a trattare direttamente con Silvio Berlusconi, cedendogli il serial Dallas dopo un primo passaggio in Rai. Raccontano che uno degli accordi sui diritti televisivi lo scrissero su una scatola di cerini; leggenda, hanno raccontato gli interessati, “è bastata in realtà una stretta di mano”. Morto il patriarca Vittorio – che a Ostia ha voluto investire buona parte dei capitali – gli affari sul litorale romano sono passati al nipote Mauro, oggi presidente del porto di Ostia.
La scorsa estate la squadra mobile inizia a monitorare il telefono dell’imprenditore. Qualche giorno prima aveva denunciato un atto di intimidazione nei confronti del direttore inglese del porto, appena arrivato ad Ostia. “Sin dalle prime conversazioni registrate sull’utenza del Balini – scrive il Gip nell’ordinanza dell’operazione “Nuova Alba” – è stato possibile avere conferma dell’esistenza di un ambiente economico-finanziario inquietante, all’interno del quale agivano appartenenti alla criminalità organizzata interessati ai rilevanti movimenti di capitali e ai grossi investimenti che si stavano realizzando nel territorio di Ostia Lido. Ed e’ apparso evidente che il Presidente Balini fosse in interessenze inquietanti con ambienti malavitosi”. Non solo. Durante l’inchiesta la polizia scopre che il presidente del porto sta mantenendo la famiglia di uno dei due componenti del gruppo di fuoco che gambizzò Vito Triassi, luogotenente dei Cuntrera sul litorale romano.
Parlare di Mauro Balini significa fare un salto di qualità senza precedenti. Gli stessi magistrati romani lo spiegano con chiarezza nelle carte dell’inchiesta: “E’ Balini a mantenere importanti rapporti con elevate personalità anche militari; è Balini a trattare con Cmc Ravenna; con Epd Limited London; con Italia Navigando, avvalendosi di significativi intermediari. (…) Accedere a lui equivale ad accedere ai piani alti, e scalzare i suoi abituali collaboratori equivale ad inserirsi nel circuito degli affari presentabili”.
La faccia presentabile, il volto pulito, l’economia considerata “normale”. Questo il volto della capitale che inizia ad apparire nelle inchieste sulle mafie. Se per molti appare come una novità sconvolgente – così commentava qualche politico locale ieri dopo i 51 arresti – questa faccia della Roma nascosta è da anni conosciuta da criminali di alto spessore. Come Gaspare Spatuzza, che a Ostia voleva trasferirsi per fare affari: “La cosa che ho notato che rispetto alla mafia, la mafia palermitana o siciliana che sia, – è il suo racconto riportato nell’inchiesta – a Roma hanno tutta un’altra mentalità, nel senso che non si vogliono sporcare le mani direttamente; il romano cerca di farsi proteggere le spalle; agire in seconda fila e però investire più…per avere più proventi possibile. Quindi cerca di non apparire ed esporsi (…) Sono ancora più criminali della manovalanza….perché fin quando sei sulla sfera “braccio armato” e “braccio operativo”, diciamo, viene più facile localizzarli, ma dietro le quinte…”.
La storia più recente della criminalità di Ostia vede il declino del gruppo dei Triassi, legati alle potenti famiglie agrigentine di Cosa nostra. L’attentato contro uno dei due fratelli, Vito, avvenuto il 20 settembre del 2007 segna un punto di svolta a Ostia. Passano pochi mesi e i Triassi vengono esclusi dai grandi affari, mentre un loro uomo di fiducia che li collegava al mondo del porto, li abbandona. Oggi la testimonianza di Gaspare Spatuzza, che raccontava qualche anno fa di una famiglia che aveva in mano la città, è stata superata dall’avanzare dei gruppi rivali. Chi? Non è facile rispondere e non c’è una soluzione pronta all’interno dell’indagine. Forse occorrerà seguire i soldi, vedere dove portano i grandi flussi finanziari, scoprire chi si cela dietro quella borghesia romana che tanto incuriosì l’affiliato al mandamento del quartiere Brancaccio di Palermo.

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