martedì 16 luglio 2013

l'Italia e la bicicletta senza piste ciclabili

LO STIVALE È IL PRIMO PRODUTTO RE IN EUROPA DI BICICLETTE, MA SIAMO AGLI ULTIMI POSTI IN QUANTO A CARREGGIATE DEDICATE: MILANO E ROMA TRA LE PEGGIORI di Salvatore Cannavò Il nuovo sindaco di Roma, Ignazio Marino, si è fatto conoscere per la salita in bici al Campidoglio. Più utile, forse, potrebbe essere una passeggiata in centro, in via del Corso, in giro per i negozi. Secondo uno studio realizzato dalla città di New York, infatti, l'uso della bicicletta può far raddoppiare le vendite al dettaglio (+49%). La ragione è intuibile: se viaggio in bici riesco a vedere meglio le vetrine, mi fermo quando voglio, non devo cercare parcheggio. La bicicletta, quindi, può far bene all’economia e non solo alla salute. Lo studio, ovviamente, è passato sotto silenzio mentre il Belpaese si conferma in tutte le classifiche maglia nera della ciclabità europea. Il paradosso è che l’Italia è il primo produttore in Europa di biciclette, detiene marchi storici come Bianchi, Atala, Colnago, che hanno resistito alla agguerrita concorrenza cinese (grazie anche alla politica dei dazi). Non solo: nel 2011 le bici vendute nel nostro paese sono state 1.750.000 e hanno superato le auto (1.748.000). Nel 2012 il sorpasso, sia pure in frenata per via della crisi, è stato ancora più marcato: 1,6 milioni contro 1.4 auto. L'Italia, con 2,3 milioni di bici prodotte, è il primo produttore europeo e occupa il 20% del mercato superando la Germania al 19%. Al terzo posto i Paesi bassi, con 1,2 milioni di pezzi sfornati ogni anno. Le cose cambiano, però, quando si passa alla vendita. Al primo posto balza la Germania con 4 milioni di esemplari, il 20% del mercato, seguita dalla Gran Bretagna (3,5 milioni), Francia (3,2) e poi l'Italia con 1,7 milioni e il 9% del mercato. Seguono i Paesi bassi, con 1,1 milioni di bici vendute ma su una popolazione di 16 milioni: di fatto, una persona su sedici compra una bici nuova ogni anno. “Il caso dell'Olanda è sintomatico” spiega al Fatto Piero Nigrelli, direttore del settore ciclo dell'Ancma, l'Associazione Nazionale Ciclo Motociclo e accessori. “Anch'io pensavo che la differenza tra Roma e Amsterdam fosse solo un problema di cultura ma poi un collega olandese mi ha smentito: mica siamo nati in bici”. Il fatto è che l'Olanda già negli anni 70 ha stimato i bisogni di mobilità della popolazione e ha capito che se si fosse affidata alle auto sarebbe stata sommersa da traffico e inquinamento. “Così hanno puntato sul trasporto pubblico e sulla bici”. Che resta economica soprattutto dal punto di vista del costo collettivo. “Un metro di ciclabile costa 200 euro, un metro della Bre-be-mi (l'autostrada Brescia-Bergamo-Milano, ndr.) costa 38 mila euro: la differenza non spiega forse tutto?” chiede retoricamente Nigrelli. Il peso dell'automobile e delle scelte della Fiat in Italia sono facilmente riscontrabili nei numeri. Nel nostro paese – si legge nel rapporto Legambiente, “L’a bici” – ci sono poco più di 3200 chilometri di piste ciclabili e uno degli indici di motorizzazione più alto al mondo: 600 vetture ogni mille abitanti. La media Ue è di 463. Al contrario, in Olanda il 27% degli spostamenti urbani viene effettuato in bicicletta, in Danimarca il 18%, in Svezia il 12,6%. Mediamente in Europa il 9,45% degli spostamenti è realizzato in bicicletta, percentuale più che doppia rispetto a quella italiana. Se ad Helsinki ci sono circa 3 chilometri di ciclabile ogni 1000 abitanti, a Stoccolma 980 metri, a Vienna 620, a Copenaghen 680 e a Parigi 140, a Milano sono 57 e a Roma 42. Non stupisce, dunque, che l'Italia Maglia Rosa della bici sia la maglia nera della ciclabilità. Un mare di traffico motorizzato “Il dato più importante” spiega ancora Nigrelli “è che il 50% degli spostamenti in città è inferiore ai 5 chilometri e su quella distanza la convenienza della bici è imbattibile”. Secondo Legambiente gli spostamenti in Italia nel raggio di 2 kilometri sono il 30,8% del totale, quelli tra 2 e 5 il 22% e tra 5 e 10 kilometri il 20,6%. Non si tratta, ovviamente, di mandare tutti in bici. Ci sono mestieri pesanti che non sopporterebbero un aggravio di fatica, distanze troppo elevate. Ma lo spazio per i miglioramenti è rilevante. Magari collegando le piste ciclabili alle stazioni delle metro e costruendo parcheggi adeguati. Oppure investendo sul “bike sharing” come ha fatto la città di Milano. Situazioni analoghe a paesi come Copenaghen, Amsterdam, Stoccolma o Vienna si possono ritrovare nei piccoli centri dell'Emilia o in Veneto. Ma secondo Altroconsumo in città come Milano, Bologna, Roma e Napoli, le piste sono “isole galleggianti in un mare di traffico motorizzato”. A Ferrara, invece, c'è una cultura di mobilità ciclistica “fortemente radicata”. Ma nella classifica delle dieci migliori città per ciclisti a cura di Active Times l'Italia non rientra nemmeno lontanamente. Al primo posto c'è Amsterdam, seguita da Portland nell'Oregon (Usa) e Copenaghen dove il 32% degli abitanti va al lavoro in bici. Si torna poi negli Usa con Boulder, nel Colorado con 500 chilometri di piste ciclabili e Davis in California dove le ciclabili sono presenti nel 95% delle strade cittadine. Al sesto posto Trondheim, in Norvegia, poi Berlino con 620 chilometri di ciclabili percorsi ogni giorno da 400 mila cittadini, Barcellona dove esiste anche un contabili e infine Basilea, in Svizzera. Le varie città mostrano che non basta una singola misura per introdurre l'utilizzo della bicicletta. Servono politiche integrate e una idea della mobilità complessiva. A Copenaghen, ad esempio, esiste il progetto PlusNet, una strategia di “slow mobility” che guarda al 2025. Entro quell'anno altri 50 mila cittadini dovranno utilizzare la bicicletta. La bicicletta è anche conveniente sul piano economico. Abbiamo già visto lo studio newyorkese sull'aumento delle vendite al dettaglio. Ma, come fa notare ancora l'Ancma, i 7 milioni di cicloturisti tedeschi spendono ogni anno 1200 euro provocando un giro d'affari di 9 miliardi di euro. L'Italia potrebbe essere ancora più avanti se valorizzasse il clima, la natura e l'ambiente. “Ad esempio riconvertendo in piste ciclabili i circa 6000 chilometri di ferrovie dismesse che costituiscono un terreno ideale per la bici”. Per farlo non è mai troppo tardi: Siviglia negli ultimi cinque anni è passata da zero al 15% nella mobilità in bicicletta. Semplicemente investendo nel settore. E Siviglia non è nel nord-Europa. IL PAESE DELLA MAGLIA ROSA VINCE QUELLA NERA DELLA CICLABILITÀ. TRA LE CITTÀ BIKE- FRIENDLY SVETTA NO AMSTERDA M, PORTLAND E COPENAG HEN. NESSUNA ITALIANA Il fatto quotidiano 15 luglio 2017

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