lunedì 27 maggio 2013

Ilva di Taranto il governo sempre in soccorso dei padroni

IL MINISTRO dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato, ha un pensiero coerente: l’impresa è libera. E così nella sua “con - versazione piacevole” con Sergio Marchionne, persona “di estrema dinamicità”, gliele ha cantate chiare: “Bisogna fare in modo di incrociare di più gli interessi della Fiat con quelli del nostro Paese”. Il governo propone, Marchionne dispone. Zanonato è invece letteralmente terrorizzato dalla chiusura dell'Ilva, eventualmente provocata dalle intemperanze della magistratura: le nostre industrie dovrebbero far venire l'acciaio dall'estero, a tutto vantaggio dei nostri concorrenti francesi e tedeschi. Strano che comprare le auto giapponesi sia considerato il tripudio del libero mercato. L'86enne Emilio Riva dagli arresti domiciliari ci fa sapere di essere “vecchio, solo, malato”, alle prese con cardiologo e oncologo. Lo sfogo rattrista ma contrasta con l'energica minaccia: se i magistrati non la smettono di rompere le scatole salta tutto, e addio 40 mila posti di lavoro. “A me la parola padrone non piace ”, avverte, e l'avvocato Marco De Luca ricorda che “è un uomo che ha dato da mangiare a 40 mila persone per decenni”, con un linguaggio che non è da padrone ma da allevatore di bovini. Siamo messi così. Riva è già stato condannato due volte per l'inquinamento della sua azienda a Taranto, la prima volta il 15 luglio 2002, la seconda il 12 febbraio 2007. Prende in giro il prossimo, con balle spaziali come “l’I l va quando sono arrivato io era un ferro ve cc h i o”. Però siccome dà da mangiare bisogna chinare il capo e ringraziare. E i liberisti col turbo, che non vogliono cittadini “sudditi” dello Stato, si girano dall’altra parte quando li vedono sudditi del padrone che “dà da mangiare”. L'estate scorsa il dilemma tra salute e lavoro fu risolto con la nuova Aia (autorizzazione integrata ambientale), una novantina di prescrizioni all'Ilva per eliminare l'inquinamento dell'area circostante. Si vorrebbe sapere a che punto siamo, se i manager di Riva stanno facendo seriamente il loro dovere o stanno facendo di nuovo i furbi. Insomma, il governo della Repubblica italiana dovrebbe fare qualcosa di più utile che correre a chiedere scusa alla famiglia Riva ogni volta che la magistratura (a torto o a ragione, perché non è questo il punto) interviene. L’al - ternativa tra lasciar inquinare e la chiusura della fabbrica non è da Paese civile. E non è dignitosa per lo Stato, se c’è ancora. Twitter@giorgiomeletti Il fatto quotidiano 28 maggio 2013

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