lunedì 8 aprile 2013
perforazioni bomba innescata in zona sismica tra Avellino e Benevento
Pe r fo r a z i o n i :
“bomba” i n n e s c at a
in zona sismica
46 COMUNI
COINVO LT I
TRA AVELLINO
E BENEVENTO.
IL GEOLOGO:
“SONO PAZZI,
L’AREA È STATA
EPICENTRO
DI UNO DEI SISMI
PIÙ DISTRUTTIVI
DELLA STORIA”
di Enrico Fierro Il fatto quotidiano 8 aprile 2013
Non sono mai contenti
i rapinatori del
Sud. Prima ci hanno
rubato le braccia, la
nostra carne finita all’estero
nei macelli alla Marcinelle, poi
i cervelli dei nostri giovani costretti
ad andar via, e poi ancora
l’aria con le pale eoliche, e
adesso vogliono fotterci pure
quello che c’è sotto la terra”.
Quando chiediamo a Franco
Arminio, scrittore e voce dolente
del Sud interno, cosa ne
pensa dell’idea di trasformare
le terre della sua Irpinia d’Oriente
nel Kuwait italiano,
butta all’aria i fogli con le bozze
del suo ultimo libro (Geografia
commossa dell’Italia interna,
editore Bruno Mondadori)
e sbotta. “Ma questa fetenzia
di Stato italiano quando si deciderà
a fare un piano di sviluppo
serio, moderno e avanzato
per le nostre terre? Qui
c’è l’aria migliore, l’acqua più
limpida, qui si può sperimentare
una crescita giusta con
energie alternative che portino
ricchezze alle popolazioni
locali e non alle multinazionali
del vento”. La risposta è
mai. Lo Stato italiano, dopo
anni di egoismo leghista, di
berlusconismo arruffone e
con una sinistra incapace di
coniugare in termini nuovi
l’antica “Questione meridionale”,
lascia campo aperto alle
sette sorelle del Duemila. Le
compagnie petrolifere pronte
a divorare sottosuolo, acqua e
salute della gente del sud interno.
Ai politici locali tocca la
parte di sempre: quella dei
balbettanti ascari.
ED ECCO ALLORA che in Irpinia,
spunta il totem del petrolio:
46 comuni coinvolti tra
le province di Avellino e Benevento,
700 km quadrati da
perforare. È il progetto “Nu -
sco”, elaborato dalla Italmin
Exploration, una società romana
con capitale sociale di
130mila euro, due soci, Mario
Panebianco e Lonsdale Barry
James, e ottimi legami con la
multinazionale petrolifera
Northen Petroleum, poi passato
alla Cogeid di Roma, titolare
di sei permessi di perforazione
in Italia e interessi in
Kuwait, Ucraina, Russia e
Oman. Tutte le carte a posto
fin dal 2002, quelle del ministero
e i permessi della Regione,
firmati anche dall’allora vicepresidente,
ora deputato
Udc, Giuseppe De Mita. Cognome
pesante a Nusco e in
tutta l’Irpinia. Valutazione impatto
ambientale, rischio sismicità,
tutto ok, fino a quandei
do non interviene la gente del
posto. Che si organizza nel
Comitato no petrolio in Alta
Irpinia e costringe anche la
Regione a fermarsi. “Il nostro
no alle perforazioni non è
ideologico, abbiamo sentito il
parere di scienziati di livello
internazionale, poi ci siamo
mobilitati”, ci dice Eduard Natale,
26 anni, futuro ingegnere
informatico. Con gli altri ragazzi
e gli adulti del Comitato
è uno dei Davide contro il Golia
dell’oro nero. Hanno chiamato
un geologo di fama come
Franco Ortolani per chiedere
aiuto e il professore si è messo
le mani nei capelli. “Sono pazzi,
l’area interessata dal permesso
Nusco è stata l’epicen -
tro dei sismi più distruttivi degli
ultimi 400 anni. Nel sottosuolo
ci sono faglie attive sismogenetiche
e la scienza non
ne conosce l’ubicazione né la
geografia. Non si può prevedere
se le perforazioni profonde
e le conseguenti attività
estrattive possono intercettare
le faglie”. Quando la gente dell’Irpinia
(ultimo terremoto nel
1980, 3mila morti), ha ascoltato
queste parole, ha cominciato
a capire. Arriva il petrolio,
ma non porta ricchezza.
Come nella vicina Basilicata,
dove si estrae il 7% del fabbisogno
petrolifero nazionale
con guadagni enormi per le
multinazionali ma la regione
resta sempre la più povera d’Italia.
“L’industria petrolifera –
dice ancora il professor Ortolani
– ha bisogno di molto spazio
da inquinare, ma è una industria
molto potente che mobilita
cifre enormi e acquisisce
facilmente pareri in tutti i modi,
sia di ordine tecnico che
amministrativo”. Altro che
oro nero, “il petrolio che si
estrae in Italia – scrive la blogger
Maria Rita D’Orsogna – è
pieno di impurità sulfuree che
vanno eliminate il più vicino
possibile ai punti di estrazione”.
UN PERICOLO, dice alla gente
d’Irpinia il professor Antonio
Marfella, oncologo di Medici
per l’ambiente. “Voi siete il
serbatoio idrico di mezzo Sud,
quando si tocca un territorio
dove c’è l’acqua è finita, fare la
scelta del petrolio significa andare
fuori dalla storia”. Convegno
dopo convegno, analisi
e studi pubblicati sui siti internet,
le delibere che il Comitato
ha preparato per i sindaci,
alla fine tanti comuni
stanno dicendo stop ai pozzi di
petrolio. “Una truffa antica –
ci racconta Giovanni Marino,
ricercatore dell’Archivio storico
Cgil – qui già negli anni
Cinquanta provarono ad
estrarre petrolio”. Marino ci
mostra le foto in bianco e nero
del sindaco dell’epoca con in
mano una bottiglia piena di liquido
scuro e il volto sorridente.
Poi l’inganno, come i tanti
fatti sulla pelle di queste terre,
finì. “Il petrolio è un totem –
commenta l’antropologo lucano
Enzo Allegro – un oggetto
ambivalente, desiderato ma
anche temuto. Si sogna la ricchezza,
ma si teme la catastrofe”.
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