lunedì 8 aprile 2013
conti in rosso e amianto Liguria e la tentazione del titanio
CONTI IN ROSSO E AMIANTO La Liguria
e la tentazione
del titanio
di Mario Molinari Il fatto quotidiano 8 aprile 2013
No grazie, quello che cerchiamo noi è molto più
prezioso”. Si racconta che abbiano risposto così
tre americani all’offerta di una pietra di granato. Già,
loro erano venuti per il titanio. Siamo a Vara, a un
tiro di schioppo da Urbe, cittadina
bella e sperduta nel
Geoparco del Monte Beigua
a cavallo tra Savona, Genova
e Alessandria. Riposerebbe
qui una ciclopica miniera di
rutilo, minerale dal quale si
estrae un metallo leggero e
pregiato: il titanio. Salendo
da Sassello verso Piampaludo
nel paesaggio qualcosa di
impercettibile cambia. Le
rocce diventano di un colore
verdastro. É il serpentino,
minerale “precursore” del -
l’amianto, massicciamente
presente anche nel monte Tarinè, là dove
da decenni si vorrebbe scavare (alla grande)
per estrarre dalla durissima crocidolite
il rutilo, minerale accessorio del titanio,
per mandarlo poi in Germania per l’ulti -
ma fase dell’estrazione. Secondo uno studio
del professor Annibale Montana, pubblicato
dall’Accademia dei Lincei, su 2,5
tonnellate di roccia alla fine di tutti i processi
si otterrebbero circa 12 chili di titanio
al valore di circa 20 dollari al chilogrammo
come conferma il geologo Giuseppe Boveri. Largamente
utilizzato in campo aeronautico, medico e militare
il titanio è un metallo che fino all’avvento dei
materiali compositi la faceva da padrone per resistenza
e leggerezza ma che oggi, secondo un alto funzionario
di una società metallurgica che preferisce
restare anonimo, “non
giustificherebbe un investimento
di 500 milioni
che pioverebbero nelle
casse della regione Liguria
ogni anno e per un
decennio. Tanti soldi
che potrebbero trasformare
l’intera regione in
un Eldorado. Ma anche
con una miniera a cielo
aperto, che potrebbe somigliare
per morfologia
alla famigerata cava di
amianto di Balangero
(Torino). Gli 800 metri
per 1500 previsti per il cratere potrebbero moltiplicarsi
in corso d’opera: la miniera somiglierebbe a una
specie di conico inferno dantesco, più si scende, più
occorre allargare la parte superiore con un consumo
di territorio e una dispersione di polveri (amianto e
asbesto), nonostante le puntuali rassicurazioni dei
proponenti. Già negli anni ’70 il colosso Dupont con
società collegate condusse una campagna di carotaggio.
Il “tesoro” si vede ai piedi di un immensa
pietraia di macigni da tonnellate ciascuno. Con l’aiu -
to di mani esperte, avvicinandosi alle rocce compatte
di crocidolite il rutilo si vede ad occhio nudo.
MA ALLA FINE la miniera si farà? A render dubbia la
fattibilità dell’operazione c’è anche la carenza di infrastrutture:
l’unico ponte ha dei buchi che ci vedi il
fiume sotto. L’autostrada è a 26 km di curve. Ma oggi,
come ogni dieci anni, la notizia riemerge come per
testare la reazione della cittadinanza. Per dirla alla
Jannacci, “a vedere tutti quanti l’effetto che fa”, specie
in momenti di crisi. Eppure è dimostrato che la zona
è a rischio amianto. Come confermerebbero le analisi
del professor Mottana pubblicata dai Lincei: “Questa
zona è a rischio; pertanto le attività minerarie di estrazione
e trattamento sono da evitare mentre la valorizzazione
e la conservazione del territorio devono
essere limitate ai soli interventi necessari ai fini della
ricerca scientifica”. Apparentemente tutti contro
dunque, il governatore Claudio Burlando incluso,
forte della legge regionale del 1995 che vieta operazioni
minerarie, di cava e discarica. Ma basterebbe
una leggina regionale per togliere i vincoli. Et voilà, i
conti della Regione non sarebbero più in rosso.
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