domenica 27 gennaio 2013

Alemanno appeso a un filobus, inchiesta su appalti a Roma

ALEMANNO APPESO A UN FILOBUS
IL PRIMO CITTADINO: “NON POTEVO CONDIZIONARE GARE, NON ERO SINDACO”. MA LE DATE NON TORNANO
LA DIFESA
“Prima si è detto che
Mancini era stato
nominato all’Ente Eur
per l’intermediazione,
fra un po’verrà fuori che
è stata mia madre”
di Rita Di Giovacchino
Alemanno non ci sta
ed è già guerra di
nervi, comunicati e
conferenze stampa
da parte del primo cittadino
della Capitale per smentire la
“maxi-tangente” alla sua segreteria.
Dopo aver definito “insi -
nuazioni di un oscuro personaggio”
le accuse mosse da
Edoardo d’Incà Levi, provocando
l’ira dell'avvocato Alessandro
Diddi che lo difende, ha indetto
una conferenza stampa.
Come sappiamo l’uomo dal
doppio cognome è un imprenditore
italiano, che vive a Praga
da 40 anni, di mestiere fa l’in -
termediario tra la Skoda e committenti
italiani, si occupa di
grandi appalti, in questo è il testimone
chiave di una commessa
da 20 milioni per la fornitura
di 45 filobus, maxi-tangente inclusa,
ancora parcheggiati in
un’autorimessa di Bologna perché
il “corridoio di viabilità”
che doveva garantire la loro circolazione
non è mai stato ultimato.
Ma non è questo ad addolorare
Alemanno, quanto il
fatto che a quattro mesi dalle
elezioni che lo vedono nuovamente
candidato lo scandalo rischia
di travolgerlo. Tanto più
che ad essere indagato per corruzione
è il suo amico e braccio
destro Riccardo Mancini, già a
capo della potente holding Eur
spa, fino a venerdì mattina,
quando è stato costretto a dimettersi.
“NOI IN QUESTA storia non
c’entriamo per il semplice motivo
che non possiamo entrarci”,
dice. Il suo teorema si fonda
sulle date, che in questa vicenda
sono tante. Lui ne sceglie alcune:
il bando di concorso per l’aggiu -
dicazione dell’appalto risale al
23 gennaio 2008, quando neppure
pensava di fare il sindaco di
Roma; era il 28 aprile, giorno
delle elezioni, quando la gara
d’appalto fu aggiudicata dall’Ati
dei costruttori De Sanctis che
neppure conosceva. Rapido
passaggio sul contratto sottoscritto
il 22 novembre, quando
al Campidoglio la sua Amministrazione
era ben assisa, e cala
l’asso dalla manica: “C’è una
mail in cui si parla della ‘lobby
Rome’, risale a maggio 2008, noi
non avevamo ancora preso possesso
degli uffici”. Se “sistema
romano” c’è non è il nostro.
Ma ci sono date che s’incastrano
nel teorema Alemanno . Il consulente
D’Incà Levis ha indicato
tre circostanze precise per illustrare
i passaggi di denaro: “Il
denaro destinato a Ceraudo per
la formazione della tangente è
stato consegnato allo stesso da
una persona indicata da un amico:
io materialmente ho dato ordine
alla banca di consegnare a
quest’uomo la somma di
233.360,00 euro in data 16 marzo
2009 e la somma di 312 mila
euro in data 24 settembre 2009,
somme che Ceraudo mi ha confermato
di avere ricevuto. La
terza tranche pari ad euro
204.100,00 è stata da me bonificata
il 17 luglio 2009 su un conto
presso Bsi Sa Lugano indicatomi
da Ceraudo. In seguito,
nonostante già la stampa si fosse
occupata della questione, sotto
le pressioni di Ceraudo emisi
tramite la società inglese Rail &
Traction le altre fatture”.
DUNQUE LA MAXI-TANGENTE
è stata pagata in tre tranche tra
marzo e settembre 2009, in quel
periodo s’inserisce la conversazione
Skype tra D’Incà Levis e
Ceraudo sulla “politica che vuole
soldi”. Anche le mail sono
tante e il consulente Skoda nell’ultimo
interrogatorio con Il
gip Stefano Aprile precisa:
“Quando nella mia mail citata a
pag 17 dell’ordinanza parlo della
lobby Rome intendo esercitare
una pressione sulla Skoda
perché riducesse il suo margine
per favorire la commessa”. Poco
prima aveva affermato che Ceraudo
in quel periodo gli aveva
chiesto un milione e 200 mila,
soldi destinati alla De Sanctis
costretta a un forte ribasso per
vincere la gara d’appalto. In effetti
l’Ati ha presentato prezzi
stracciati. A conti fatti la maxi
tangente si aggira sugli 800 mila
euro, Ceraudo ne ha incassati
200, la quota destinata a Mancini
si aggirerebbe sui 150 mila,
gli altri soldi a chi sono andati? A
questa domanda risponderà la
rogatoria del Ros, è imminente un viaggio a Berna. Ma c’è un
altro scambio di mail, giugno
2009, che ha allertato il pm Ielo:
D’Incà Levis apprende che le
fatture della Breda portano la dicitura
“amministrazione municipale”.
L’imprenditore si spaventa,
chiede che il suo contratto
sia modificato e lui venga indicato
come “outsourcing”, in
altre parole si limiterebbe a reperire
partners commerciali alla
repubblica Ceca.
SULLO SFONDO, oltre alla “lob -
by Rome” si muove un’altra lobby
che in questi anni abbiamo
imparato a conoscere: la lobby
di piazza Montegrappa. Dietro
la Breda Menarini c’è infatti
Finmeccanica. Dietro Ceraudo
ci sono Lorenzo Cola e Marco
Iannilli, già incontrati nello
scandalo delle false fatturazioni
Sèlex. C’è anche Lorenzo Borgogni,
ex responsabile delle relazioni
esterne Finmeccanica,
ormai fluente collaboratore di
varie procure. Sono tutti indagati
per lo scandalo filobus insieme
a Ceraudo e Mancini.
Nelle 5 ore di interrogatorio di
venerdì l’ad di Breda si sarebbe
limitato ad ammettere le contestazioni
precisando di non aver
mai conosciuto Mancini. Il fatto quotidiano 27 gennaio 2013














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