domenica 2 dicembre 2012

Ilva Taranto “I n c o m p at i b i l i produzione e risanamento”

di Francesco Casula Taranto Il decreto “salva-Ilva” non placa le polemiche e non fuga i dubbi. Anzi. Oltre alla legittimità di un provvedimento legislativo che esautora il ruolo della magistratura annullando con un colpo di spugna un provvedimento definitivo di sequestro, il decreto voluto dall'esecutivo pone una serie di interrogativi sulla possibilità concreta di poter realizzare le bonifiche con gli impianti in marcia. L'Ilva cioè, può essere risanata mentre produce acciaio? “Dipende dal reparto e dal tipo di intervento previsto” afferma Donato Stefanelli della Fiom Cgil di Taranto. Una dichiarazione che coincide esattamente con quanto hanno affermato i custodi nel corso di questi quattro mesi di attività nello stabilimento siderurgico più grande d'Europa. “In alcuni casi – spiega il sindacalista – come ad esempio gli altiforni, soggetti a rifacimento completo, che devono essere necessariamente spenti. Altri, invece, posso subire interventi con le attività ridotte al minimo”. I custodi giudiziari Barbara Valenzano, Emanuela Laterza e Claudio Lofrumento, del resto, avevano imposto nel loro piano di interventi, stimato in 8 miliardi di euro e snobbato dalla commissione Aia presieduta da Carla Sepe, lo spegnimento di 3 altiforni e ben 7 batterie. Ma con il decreto che prevede il ritorno del controllo all'azienda, il principio non è più quello di far cessare immediatamente tutte le situazioni di pericolo. I custodi tecnici hanno combattuto l'Aia con forza: nelle lettere indirizzate alla presidente della commissione Carla Sepe hanno manifestato i loro dubbi su un provvedimento realizzato con soli due sopralluoghi in fabbrica. Come può, quindi, il governo, trasformare in legge un provvedimento amministrativo realizzato senza un approfondita ispezione dello stabilimento? Il parco minerali ad esempio, potrebbe tornare ad ospitare montagne di polveri nocive che tornerebbero ad invadere il quartiere Tamburi in attesa della copertura dei 78 ettari occupata dall'area di stoccaggio. L'ILVA quindi inquina in quanto esiste? “Questo lo ha detto lei – afferma quasi sorridendo Stefanelli - quello che posso dirle è che bisogna fare tutto e in fretta”. E se finora i controlli previsti dall'autorità locali dovevano essere trimestrali, il nuovo decreto non chiarisce come devono essere verificati una serie di interventi contenuti nell'Aia. “Gli interventi sono strutturali e straordinari – prosegue Stefanelli – lavori che avvengono ogni 20 anni nella vita di un impianto”. Insomma l'ipotesi di realizzare contemporaneamente produzione e bonifica appare tecnicamente difficile sugli impianti più inquinanti, ma soprattutto inaccettabile "alle attuali condizioni e nell’at - tuale stato degli impianti in sequestro" come ha spiegato il Gip Patrizia Todisco nel documento con cui ha rigettato l'istanza di dissequestro dei sei reparti dell'area acaldo. Lo stesso procuratore Franco Sebastio, in uno incontro di qualche tempo fa con i giornalisti, ha provato a spiegarlo con una metafora a prova di bambino: " È come trovarsi in una stanza allagata e continuare a far defluire l'acqua o a ripararae il rubinetto mentre questo è ancora aperto". Il fatto quotidiano 2 dicembre 2012

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