sabato 8 dicembre 2012

Ilva sospette le garanzie di banca Intesa, fideiussioni fasulle

ILVA, “SOSPETTE LE GARANZIE
DI BANCA INTESA”. S’I N D AG A
DISCARICHE, PER I PM LE FIDEIUSSIONI POTREBBERO ESSERE FASULLE - I PADRONI
Fabio Riva, raggiunto
da un ordine di
cattura, scrive
dall’Inghilterra. Ma
non annuncia il suo
rientro in Italia. di Francesco Casula
e Antonio Massari
Per la sola bonifica
dei “rottami di ferro”
sono necessari
231 milioni di euro:
il gruppo Riva pretende di cavarsela
con circa 20. Per disporre
di discariche in regola,
invece, dovrebbe spendere
298 milioni: l’investimento
proposto dall’Ilva è di 22,3
milioni. Meno del 10 per cento.
Ma c’è di più: la procura di
Taranto, con l’ausilio della
Guardia di Finanza, sta verificando
l’autenticità delle fidejussioni,
presentate dal
gruppo Riva per le discariche
in questione, che fanno capo a
Banca Intesa e Banca Carime.
E che vi siano dubbi, sull’autenticità
di queste garanzie,
emerge anche da un documento
firmato dalla Provincia
di Taranto che il Fatto Quotidiano
è in grado di rivelare:
due fidejussioni – emesse da
Banca Carime - sono “prive
della data di emissione”. Tutte
le altre garanzie – emesse
anche da Banca Intesa per 2,9
milioni – non consentono di
accertare “l'identità dei sottoscrittori”
e persino - se non
bastasse - la “esistenza dei poteri
(…) a rilasciare le fidejussioni”.
E quindi: se non è
carta straccia, poco vi manca,
visto che l’ufficio legale della
Provincia di Taranto, appena
un mese fa, respinge al mittente
– il gruppo Riva – l’intero
carteggio.
È IL 2 NOVEMBRE quando a
Bruno Ferrante, rappresentante
dell’Ilva, viene notificato
il “non accoglimento delle garanzie
finanziarie prestate per
la gestione dei rifiuti”. La Provincia
diffida il gruppo Riva a
“produrre garanzie conformi”.
Ed è proprio sulle garanzie
“respinte” - quelle senza
data di emissione e incerta
identità dei sottoscrittori - sta
indagando la procura di Taranto.
L’obiettivo è chiarire
come sia stato possibile che
tutte le fidejussioni – presen -
tate dal gruppo Riva e sostenute
da Intesa e Carige – siano
state considerate inaccettabili,
non soltanto per l’importo
esiguo, ma anche per difetti
formali. Un episodio ancor
più interessante, se si considera
che l’approvazione delle
discariche, nell’Autorizzazio -
ne integrata ambientale firmata
dal ministro Prestigiacomo
nel 2011 – “l’abbiamo
scritta noi” sostiene un manager
Ilva nelle intercettazioni
- viene di fatto stralciata. E
affidata così alla Provincia di
Taranto. Approdata alla Provincia,
inizia il balletto delle
proposte avanzate dal gruppo
Riva che, come abbiamo visto,
propone un investimento di
soli 21,3 milioni a fronte dei 298 necessari. Presentando,
per di più, delle garanzie ritenute
non conformi. Un balletto
che – prima degli ultimi
arresti – il 2 novembre giunge
al diniego – notificato dall’av -
vocatura della Provincia –
delle proposte presentate dai
Riva.
E proprio ieri, da Londra, il
58enne Fabio Riva, vice presidente
del Gruppo Riva Fire,
ha inviato una lettera ai suoi
avvocati Nerio Diodà e Stefano
Goldstein. Nella missiva
depositata ieri mattina in tribunale
l’imprenditore italiano,
scampato all’arresto il 26
novembre scorso, ha scritto di
aver “saputo che è stato emesso
un provvedimento di custodia
cautelare nei miei confronti
da parte del gip Patrizia
Todisco, che è stata notificata
al vostro studio. Quando ciò è
accaduto, mi trovavo in Inghilterra”.
Riva ha aggiunto di
essersi rivolto ad uno studio
legale londinese e di rimanere
a disposizione dell’autorità
inglese, ma non annuncia il
suo rientro in Italia per rispondere
alla giustizia che ha
spiccato nei suoi confronti
un’ordinanza di custodia cautelare
in carcere. Sulla lettera,
datata 27 novembre, giorno
successivo all’esecuzione del
provvedimento, non ci sono
cenni del luogo in cui realmente
si trova Fabio Riva, che
deve rispondere con il padre
Emilio e il fratello Nicola, di
associazione a delinquere finalizzata
al disastro ambientale,
all’avvelenamento delle
sostanze alimentari, all’omis -
sione dolosa di cautele sui luoghi
di lavoro, corruzione, falso
e abuso d’ufficio. Contro
l’uomo che, ignaro di essere
intercettato, ha detto al telefono
che “due casi di tumore
in più all'anno… una minchiata”,
la magistratura potrebbe
ora emettere un mandato
di cattura internazionale.
Intanto a Taranto si attende la
decisione del gip Patrizia Todisco
sulla richiesta formulata
dall’Ilva per il dissequestro dei
prodotti finiti e semilavorati
bloccati il 26 novembre scorso
alla quale potrebbe seguirà la
richiesta alla Corte costituzionale
di pronunciarsi sulla legittimità
del decreto “salva-Il -
va”.
L’ILVA confida nel dissequestro
dei beni il cui valore ammonterebbe
a poco meno di
un miliardo di euro secondo
le stime del presidente del'Ilva
Bruno Ferrante. ''Se noi non
abbiamo a disposizione questo
materiale – ha affermato
Ferrante - dobbiamo ritardare
la piena operatività dell’im -
pianto, che potrà riprendere a
lavorare a pieno regime non
prima di 15 giorni”. Il fatto quotidiano 7 dicembre 2012

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