martedì 18 dicembre 2012

Il pm Ingroia si candida con la lista arancione

ECCO IL PARTITO DI INGROIA
TUTTI PRONTI A RINUNCIARE AL SIMBOLO PER CONVERGERE SU UNA LISTA UNICA
di Beatrice Borromeo
OBIETTIVO 4%
Marco Revelli: “L’unico modo
per superare la soglia è non essere
ambigui. Contare i voti
col bilancino è roba vecchia”

L’APPUNTAMENTO
Venerdì al teatro Capranica
verrà illustrato il manifesto
“Io ci sto”. Sarà quella l’o cc a s i o n e
per annunciare la discesa in campo

Per una manciata di partiti, venerdì 21
potrebbe essere davvero la fine del
mondo. A meno che Antonio Ingroia
non annunci senza più riserve né ripensamenti,
la sua (ormai quasi scontata) candidatura
alle Politiche del 2013.
Il Csm ha concesso ieri l’aspettativa “per motivi
elettorali” al magistrato palermitano, pronto ad
abbandonare l’incarico Onu in Guatemala per
guidare il Quarto polo. E anche se le certezze
sono ancora pochissime - a partire dal programma
- i protagonisti di questo nuovo progetto
politico sono ormai noti.
SIAMO SOLO NOI
In testa c’è il movimento arancione del sindaco
di Napoli Luigi De Magistris, che ormai pesa in
termini elettorali anche più che l’Italia dei Valori
di Antonio Di Pietro, già salita a bordo. E
non senza sofferenza, dato che l’ex pm di Mani
Pulite ha dovuto rinunciare al simbolo di partito,
che quasi sicuramente non apparirà nella
lista unica. Sacrificare l’Idv per salvare se stesso,
e pochi altri fedelissimi, dalla probabile batosta
alle urne: questo il patto che Di Pietro avrebbe (a
malincuore) accettato, dopo la fuoriuscita dal
partito di molti parlamentari.
Altro sostenitore a sinistra del Pd è Rifondazione
comunista di Paolo
Ferrero, che ha abbracciato
il Quarto polo senza riserve
e senza troppi crucci per
l’abbandono del simbolo,
con l’unico pragmatico
obiettivo di portare un
buon numero di deputati in
Parlamento.
I politici di professione ci
mettono i voti, la base di
idee è fornita invece da “Cambiare si può”, il
movimento nato dall’appello di intellettuali come
il politologo Marco Revelli, il sociologo Luciano
Gallino e lo storico Paul Ginsborg. “Ba -
stano una vecchia faccia, un litigio, una furberia
per scardinare la fiducia che si sta formando
intorno a questo progetto – dice al Fatto il professor
Revelli – per questo non si accetta nessun
gioco di potere, nè soluzioni preconfezionate. E
quindi, è evidente, nessun simbolo di partito”.
Perché, giura Revelli – che ieri ha scritto anche
una lettera aperta a Ingroia invitandolo a cogliere
questa “straordinaria opportunità di rifare
la politica” – basta anche solo il sospetto
lontano di contiguità col Palazzo, in qualunque
forma, per mettere in crisi sia i piani che la fiducia
di “moltissimi potenziali elettori”. Poi c’è
la lista sine qua non, quella dello stesso Ingroia, “Io ci sto”. Creata anche per evitare l’identifi -
cazione del Quarto polo con gli arancioni, importanti
sì, ma che, nelle idee di Ingroia, non
devono prendere il sopravvento sull’obiettivo
programmatico: cioè comporre una lista civica
per la legalitá, la Costituzione e i diritti, come
recita il loro manifesto. E che ha già sostenitori
eccellenti, tra cui Franco Battiato, Leoluca Orlando,
Sabina Guzzanti, Margherita Hack, Gino
Strada, Fiorella Mannoia e Vauro.

Il colore arancione potrebbe proprio sparire dal
nuovo simbolo, che dovrebbe essere il più possibile
allettante per i giovani. Un’immagine
“rock”, come la V di V per Vendetta (fumetto e
film diventato simbolo della protesta contro la
crisi). É stato chiesto un consulto di comunicazione
a Carlo Freccero, direttore di Rai4. Un’ipotesi
di slogan: “Non gettare il tuo dissenso,vota e partecipa a rivolta democratica”. Ancora
in corso il ballottaggio tra “rivolta” e “rivolu -
zione”, quest’ultima un po’ troppo vintage.
SENZA IL PD
Altri due gruppi, poi, potrebbero appoggiare il
Quarto polo: i Verdi di Angelo Bonelli e il Pdci
di Oliviero Diliberto, amico di Ingroia (che infatti
l’anno scorso andò al suo congresso incassando
non poche critiche). “Sono gli unici che
continuano a pensare a un’alleanza con il Pd”,
spiega il vicesindaco di Napoli Tommaso Sodano,
di Rifondazione. Conferma Elias Vacca,
Pdci: “Ingroia rappresenta la vera svolta, non si
può esporlo e poi buttarlo nel cesso dell’irri -
levanza”. Spiega Vacca: “Lo dico onestamente,
non è affatto detto che si passerà lo sbarramento
del 4 per cento. Sarebbe davvero imbarazzante restare fuori e Bersani pesa abbastanza per rendere
il Pd indipendente e autonomo dall’Udc e
dall’agenda Monti”. Per ora i sondaggi, ancora
poco attendibili in assenza di un candidato premier
ufficiale e della campagna elettorale, danno
il Quarto polo al 5 per cento circa, ma per Revelli
“l’unico modo per superare la soglia è non essere
ambigui. Contare i voti col bilancino è roba vecchia,
mentre una politica nuova e diversa parlerebbe
a moltissimi cittadini oggi disgustati”. E
poi, aggiunge Sodano, “ci sono i movimenti ‘No
Tav’, per l’acqua pubblica, contro l’articolo 18:
tutti nel nostro Dna, tutti bacini elettorali”. E
aggiunge: “Se c’è Ingroia non c’è il Pd. É automatico”.
La questione Napolitano e il sostegno
del Pd al Colle nello scontro con la Procura
di Palermo è difficile da ignorare.
Twitter: @BorromeoBea Il fatto quotidiano 19 dicembre 2012

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