giovedì 29 novembre 2012

Aerei F-35, anche Obama pensa alla retromarcia

IL PENTAGONO SEMPRE PIÙ PERPLESSO SUI CACCIA. L’I TA L I A
HA CONFERMATO L’ORDINE, MA IL PARLAMENTO PUÒ ANCORA DIRE NO

di Daniele Martini il Fatto quotidiano 30 novembre 2012
Too big to fail and too big
to succeed”, troppo
grande per fallire, ma
anche troppo grande
per avere successo, scrive il New
York Times a proposito del programma
per i cacciabombardieri
F-35 riportando l’opinio -
ne dell’analista di un centro
strategico di ricerca di Washington.
Imbrigliato dalle sue mille
contraddizioni interne, il piano
per la realizzazione del sistema
d’arma più costoso di tutta la
storia si impantana sempre più.
Secondo il grande giornale
americano sono ormai assai tesi
i rapporti tra il Pentagono, cioè
il committente, e la Lockheed
Martin, la grande industria
americana che dovrebbe produrre
i velivoli. Il Pentagono dimostra
perplessità crescenti nei
confronti dei costi incerti del
programma mentre il presidente
Barack Obama è impegnato
nella ricerca di risorse per ridurre
il deficit senza aumentare
le tasse. Lockheed Martin risponde
che il Pentagono non sa
decidere e tarda a dare il suo ok
definitivo.
LA FACCENDAci riguarda da vicino
e non solo perché l’Italia
partecipa in modo attivo al progetto
ed è in pista per l’acquisto
di 90 velivoli con una spesa gigantesca,
mai quantificata in
maniera definitiva perché i costi
ballano in continuazione, anche
se di sicuro superiore ai 10 miliardi
di euro e forse vicina ai 18,
come hanno scritto dopo un’at -
tenta analisi gli autori di Armi, un
affare di Stato (edizione Chiarelettere).
Ci riguarda anche perché
la tentazione americana potrebbe
essere quella di contenere
i costi interni facendo crescere
la partecipazione degli alleati,
a cominciare dall’Italia che in
prima battuta si era impegnata a
comprare la bellezza di 130
esemplari. Anche se ridotta, la
spesa per gli F-35 resta proibitiva
per le nostre finanze e politicamente
poco sostenibile in
un momento di crisi.
ALIMENTATO da decine di organizzazioni
pacifiste e religiose,
il movimento per l’annulla -
mento o almeno per il drastico
ridimensionamento del piano
per gli F-35 di cui è portavoce
Francesco Vignarca, ha superato
da tempo il confine di una
battaglia minoritaria e di testimonianza.
L’affare cacciabombardieri
sta diventando uno degli
argomenti di punta del dibattito
politico. Ieri, per esempio, il
presidente dei sindaci, Graziano
Del Rio insieme a Gianni Alemanno
(Roma), Marco Rossi
Doria (Genova), Giorgio
Orsoni (Venezia),
Piero Fassino (Torino),
Alessandro Cosimi (Livorno),
Attilio Fontana
(Varese), ha chiesto al
governo di tagliare altri
cinque cacciabombardieri
per evitare la diminuzione
dei fondi
agli enti locali prevista
dalla spending review e
per modificare il patto
di stabilità e l’Imu (l’im -
posta sulla casa). Il rappresentante
dei piccoli comuni, Mauro
Guerra, ha spiegato che “cinque
F-35 in meno valgono 1 miliardo
di euro”. Nel faccia a faccia
tra i candidati per le primarie Pd
su Raiuno, il segretario Pier Luigi
Bersani, inoltre, ha posto proprio
la questione degli F-35 tra i
temi centrali di un ipotetico colloquio
futuro con il presidente
Obama al quale chiederebbe un
ripensamento sul programma.
A livello ufficiale la firma italiana
per l’ordine dei 90 F-35 ancora
non c’è e nel frattempo si è
aperto uno spiraglio per rivedere
l’intera faccenda. Il Senato ha
approvato qualche giorno fa
una riforma della Difesa che ridimensiona
i poteri del ministro
in tema di acquisto di sistemi
d’arma e in parte li trasferisce al
Parlamento. La legge ora è all’esame
della commissione della
Camera e prevede che il voto di
deputati e senatori sui piani militari
di investimento abbia un
valore non solo indicativo, ma
vincolante. In pratica il nuovo
testo corregge in modo sostanziale
la legge della fine anni Ottanta
che porta la firma del senatore
comunista Aldo Giacchè.

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