lunedì 22 ottobre 2012

Taranto tumori + 419% ministro salute dati noti da mesi

Taranto produce tumori
più 419% di ammalati
NELLA CITTÀ DELL’ILVA PICCO TRA LE DONNE COLPITE ALLO STOMACO

RENATO BALDUZZI
Il ministro diffonde
dati preoccupanti che
erano noti da mesi
Le associazioni
chiedono di chiudere
la fabbrica Sandra Amurri Il Fatto quotidiano 23 ottobre 2012

Sarà stato un caso e, come
si sa, a pensar male
spesso ci si indovina,
ma i dati scioccanti sull’incremento
dei tumori a Taranto,
in possesso della Procura
da mesi, sono stati resi noti dal
ministro della Salute Renato
Balduzzi il giorno prima della
pubblicazione sulla Gazzetta
ufficiale dell’Autorizzazione integrata
ambientale (Aia) e dopo
l’approvazione del testo dalla
Conferenza di Servizi.
NUMERI CHE tratteggiano i
contorni di una strage, quelli
emersi dallo Studio Sentieri,
promosso dal ministero della
Salute e coordinato dall’Istituto
Superiore di Sanità sulla mortalità,
che potrebbero salire visto
che l’aggiornamento è relativo
al 2003-2009. L’epidemiologia è
una scienza esatta e i risultati
non sono soggetti a interpretazione:
a Taranto, rispetto al resto
della Regione, c’è il 14% in
più di mortalità e nella globalità
dei tumori è indicata un’inci -
denza superiore del 30%, sia per
maschi sia per femmine, con un
dettaglio di alcuni tumori che
incidono maggiormente nel
sesso maschile come quello del
polmone con valori del 50% in
più, come i linfomi che addirittura
arrivano anche al 60% in
più, i tumori della pleura al
100% in più e così via. Per le
donne si arriva nel tumore allo
stomaco al 100% in più, mentre
rispetto alla media della provincia,
a Taranto la possibilità di
morire di tumore degli uomini è
del 419%. E nei bambini viene
riscontrata la più alta incidenza
di malattie e di mortalità nel primo
anno di vita.
IL PERCHÉ è purtroppo scontata:
a Taranto c’è un concentrato
di sostanze inquinanti prodotte
dall’Ilva come benzene, benzopirene
e diossina, che altrove
non ci sono. Non sono mancati
interventi duri durante la conferenza
in Prefettura a cui hanno
partecipato oltre al ministro
Balduzzi, i rappresentanti delle
associazioni ambientaliste, PeaceLink,
Altamarea, Ail, del Tri-
bunale del Malato e dei Cittadini
Liberi e Pensanti. Secondo
Patrizio Mazza, primario dell’oncologia.
Ematologia dell’Ospedale Moscati
di Taranto: “Il ministro
non ha fornito risposte risolutive
avallando la linea del ministro
dell’Ambiente Clini tutta
tesa a depotenziare la valenza
sanitaria del problema e a esaltare
l’importanza dell’Aia per la
sussistenza dell’Ilva che non
soddisfa alle esigenze sanitarie”.
Aia che sempre secondo il dottor
Mazza “inciderà solo in parte
sulla riduzione delle polveri
causa delle malattie respiratorie,
ma non sugli inquinamenti cancerogenetici
che con la riduzione
della produzione di acciaio a
10-12 tonnellate continueranno
a essere prodotti seppure spalmati.
Il che vuol dire una quantità
enorme di sostanze nocive
in un sito già altamente inquinato”.
Il ministro ha poi detto
che “vedrà nei meandri del ministero
che presiede di trovare
fondi da far arrivare a Taranto
per migliorare le strutture e il livello
delle cure”, parole incredibili
per il dottor Mazza: “Forse
troverà più soldi per curare
mentre continuano a non fare
niente per interrompere la causa
delle malattie”.
BASTI PENSARE che a Taranto,
il danno annuo stimato per la cura,
la diagnostica, il mancato lavoro
e quanto ruota attorno alle
malattie legate all’inquinamento,
è di 250 milioni di euro, pari al
monte salari degli operai dell’Il -
va. La soluzione per il dottor
Mazza è una sola: chiudere l’Ilva
quanto prima: “In 3 anni si possono
creare alternative, studiare
progetti di riassorbimento dei lavoratori.
Ma quel che prevale è la
volontà politica di tenere in vita
l’Ilva”. E aggiunge che un altro
paradosso è il centro della salute,
finanziato dalla Regione Puglia a
fianco dell’Ilva per monitorare
l’inquinamento: “Voi inquinate e
noi misuriamo”. Sul fronte giudiziario
oggi il Tribunale del riesame
esaminerà il ricorso dei legali
dell'Ilva contro il secondo no
del gip Patrizia Todisco alla rimessione
in libertà di Emilio Riva,
del figlio Nicola e dell’ex direttore
dello stabilimento di Taranto
Luigi Capogrosso, agli arresti
domiciliari dal 26 luglio, nell'ambito
dell'inchiesta per disastro
ambientale a carico dei vertici
dell'azienda. Ieri si è svolta l’udienza
sull'appello presentato
dalla Procura per far sospendere
l'immediata esecutività dell'ordinanza
del tribunale in cui venne
disposto il reintegro del presidente
dell'Ilva, Bruno Ferrante,
nella funzione di custode giudiziario
degli impianti sequestrati.

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