venerdì 17 agosto 2012

Ilva Taranto Travaglio risponde a Clini: cosa ha fatto per 21 anni?

Il titolare dell’Ambiente Clini giura: nessun decreto Ma che ha fatto per 21 anni? diCorrado Clini* C aro direttore, Marco Travaglio sul Fatto di ferragosto ha vergato un puntuto editoriale dal titolo “Decreto Salvakiller”. Prendendo spunto da una mia affermazione che escludeva il ricorso ad un decreto legge, il giornalista ha argomentato come se avessi detto il contrario e cioè che il governo, compreso il “cosiddetto ministro dell'ambiente” (cito Travaglio), fosse favorevole ad un provvedimento di questo genere a favore della continuità produttiva di Ilva. Mi spiace per l’inchiostro versato ma il decreto non c'è e non ci sarà. Punto. Come se non bastasse, la mia volontà di incontrare il Procuratore della Repubblica è stata interpretata come una grave offesa al lavoro indipendentemente dei magistrati. Divertente. Il dottor Sebastio nella sua funzione di responsabile della Procura di Taranto, ha scritto al ministro dell’Ambiente lo scorso febbraio per segnalare la gravità della situazione dell’Ilva e trovando una puntuale e tempestiva risposta. Più recentemente, lo stesso Sebastio ha chiamato lo stesso ministro per ribadirgli che il suo (e cioè il mio) nome non compariva in nessun atto giudiziario. Nel corso della telefonata, che ricordo assai gentile e cordiale, il Procuratore espresse il desiderio di un incontro ove fossi venuto in missione a Taranto. L’ho preso sul serio e spero che la sue non fossero parole dette tanto per dire. In ogni caso, non vedo lo scandalo in un dialogo corretto, trasparente e rispettoso delle proprie funzioni fra governo e uffici giudiziari. La - sacrosanta - distinzione dei ruoli fra esecutivo e organi della giustizia non impedisce di trascurare il fatto che gli uni e gli altri sono (siamo) servitori dello Stato, nel nome della legge e della Costituzione. Sulla vicenda Ilva si è detto e si è scritto tanto. Sin dall’inizio non mi sono sottratto al confronto ed ho cercato, in Parlamento, sui giornali e in ogni luogo istituzionale possibile, di argomentare le ragioni per cui è possibile e doveroso affrontare la difficile questione di Ilva stando dentro i binari delle leggi italiane e delle direttive comunitarie, senza decreti d'urgenza. Se non quello volto a sbloccare risorse utili a fare investimenti sulla cosiddetta ambientalizzazione di Taranto (Tamburi, mar grande e mar piccolo). Risorse che, preciso, non sono in alcun modo quelle che dovranno essere investite dall'azienda per le bonifiche. I lettori del Fatto ricorderanno la mia intervista a Meletti su queste colonne e credo che sul sito del vostro giornale sia disponibile ancora il video di quella conversazione. Sono e resto pronto a qualunque confronto nel merito delle questioni ma se vengo accusato di voler un decreto poiché dico il contrario e se vengo censurato perché insidio i magistrati volendo dialogare con loro, capisco di non avere molti buoni argomenti. Meglio rivolgersi alle cure di specialisti. *Ministro dell’Ambiente M eno male che, nella tragedia di Taranto, c’è qualcuno che si “diver te”: il ministro dell’Ambiente Corrado Clini. In attesa di sapere chi dovrebbe rivolgersi alle “cure di specialisti” (oltre agli abitanti di Taranto abbandonati per 40 anni da politici e tecnici alla Clini), gli ricordo che a parlare di decreto è stato il governo Monti di cui lui fa parte, forse a sua insaputa, attraverso le dichiarazioni di vari ministri, sottosegretari ed esponenti della maggioranza che lo sostiene. Lo stesso Clini ha più volte ripetuto “stiamo cercando di evitare il decreto”: ma se uno tenta di scongiurare qualcosa che spetta a lui, significa che che c’è il concreto rischio che lo faccia. Non sto qui a citare le sparate allarmistiche e vagamente ricattatorie del ministro sull’Ilva (dopo l’inter - vento dei giudici, mai prima), sempre in perfetta sintonia con i vertici dell’Ilva attualmente agli arresti per reati gravissimi, la cui chiusura temporanea a scopo di risanamento metterebbe addirittura “a rischio l’in - tero sistema produttivo italiano”. Forse, se nei 21 anni trascorsi al ministero dell’Am - biente coi gradi di direttore generale, Clini avesse usato per imporre la bonifica della fabbrica con la stessa determinazione che oggi sfodera per difenderla, il problema sarebbe stato risolto. Purtroppo non lo fece e oggi trova molto comodo prendersela genericamente con “i disastri dell’industria pubblica”: e lui dove stava, quando l’Ilva era pubblica? Sempre alla direzione generale del ministero dell’Ambiente, naturalmente. ( m . t ra v. ) Il Fatto quotidiano 17 agosto 2012

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